Alzheimer

Giace nella penombra di una stanza spoglia, invecchiata dalla solitudine che adesso accompagna i suoi giorni.Un tempo erano giorni di libri, di scuola , in un liceo di cui non ricorda più il nome né il brusio dei  suoi tanti allievi. L’università, l’applauso finale nell’Aula Magna, la laurea come premio finale, sono ricordi che a tratti galleggiano, nel torpore comatoso del suo sonno, senza fine, né principio. Un’ombra silenziosa vaga intorno al suo letto, come una farfalla notturna: a stento ne percepisce il fruscio dei movimenti ma non riesce a distinguerne l’entità, se di donna o di fantasma della mente, incapace di afferrare i contorni delle cose. Irina, la badante polacca, l’assiste, incerta e pietosa, ascolta il suo respiro ansimante nelle ore notturne che si popola di lamenti e farneticazioni. Ha lasciato il suo mondo, la lingua dalle sillabe rotonde e scivolose, la macchia verde scuro dei boschi della sua terra, per un viaggio verso l’ignoto. E il suo ignoto è la vecchia signora che dorme e che grida la sua insensata sofferenza che nessuna medicina può guarire. La vita diventa inutilità senza la normalità di un risveglio: la prima colazione con il buon’ odore del caffè sorbito caldo e zuccherato, la corsa verso il luogo di lavoro,