Essa rappresenta, a mio avviso, quella sfera di prerogative, di diritti, doveri, che segnano l’incerto confine tra la razza umana e i suoi stessi istinti di base, quegli istinti che ci accomunano con il resto delle creature animate; essa è fortemente connessa ad un’idea del decidere, dello scegliere, prescindendo, o mediando, a volte contraddicendo, i  propri  istinti di base, ovvero disponendo degli stessi, cosa che solo l’uomo può fare.

Mio padre ha perso la dignità umana da qualche tempo, ma a piccole dosi, senza fretta.

All’inizio solo fragili indizi, concatenazioni di azioni che non trovavano più una direzione logica, buchi neri, della grandezza di un chicco d’uva,  in quella che alcuni chiamano “memoria breve”, passaggi a vuoto del pensiero, che ti generano il panico e lo smarrimento,  concatenazioni di parole che non avevano nulla a che fare con una frase vera.

Mi ricordo quel pomeriggio assolato che non trovò più la via di casa e lo ritrovammo per caso, sette chilometri al largo, sotto un ponte, che chiedeva a qualcuno dove fosse casa sua, portava ancora un fiasco di vino da cinque litri  - “vado a comperare il vino e torno” – aveva detto prima di uscire.