Mi invento le vie più tortuose i percorsi più lunghi, ma alla fine mi spalanco per prenderlo tutto, questo schizzare opalino e scontato che mi centra da qualche parte.

E’ dannatamente chiaro questo mio bisogno, lo sento organizzarsi e crescere, mi fa essere femmina rapace, cagna, schiava e padrona, terra , fuoco e  aria, prende le forze da qualcosa che sta infossato nella mia testa. Così inevitabili gli uomini in questo loro concludersi plateale, eppure così perversi e preziosi per me, mi gonfiano, mi riempiono, mi completano, mi dissetano.

Ne ho avuti tanti, eppure ogni colpo nel mio ventre ha scavato un po’ più in basso e più a fondo, creando spazio per quello dopo o per quello di un altro, una brutta storia di rincorse, ma io non mi trovo ancora e spesso accade pure che mi inganno, pensando che sia la volta buona, ma poi mi lecco le ferite.

Questi pensieri mi turbano e mi fanno sentire più sola, accosto la macchina, scendo, voglio prendere un po’ d’aria, è ancora presto posso farlo. C’è un bar più avanti ma forse è meglio evitare; le macchine scorrono veloci sulla strada, quando passano spostano l’aria immobile, che mi investe e mi fa socchiudere gli occhi.