toccato, spremuto, accarezzato e guidato alla meta e schizzi al bersaglio. I miei piatti migliori insomma: ci ho speso una vita ad imparare,  ed ora ecco lui che, da bravo intenditore, li guarda con la bava alla bocca e non li tocca.

Neanche un bacio o una carezza eppure eccomi qui per sempre naufragata in una specie nuova di tempesta, che mi ha attraversa leggera e rarefatta lasciandomi naufraga asciutta e insoddisfatta.

Mi viene da ridere e da piangere insieme, scorie impazzite di aspettative, di luoghi comuni e di umidità ancestrali, cominciano ad affluire prepotenti nella testa riempendomi di una sensazione di incompiuto,  accendo una sigaretta e fisso un punto lontano, giusto per agganciare gli occhi a qualcosa, mentre loro mi scrutano dentro: certo non è orgoglio questa cosa che si  sta insinuando, no, sarebbe troppo semplice e banale, e poi il mio orgoglio, questa cagna feroce, ama ribellarsi solo e sempre con le femmine, mai con i maschi.

Rientro in macchina, mi sento ingabbiata in una progressione allucinata di me stessa, se ora torno a casa non dormo e mi giro nel letto e va a finire