Sento una macchina avvicinarsi rallentando, come un grande gatto buio si avvicina al marciapiede, non la vedo ma la percepisco per differenze di colori e temperature, si abbassa un finestrino, dentro, una figura o un cumulo scuro di materia animata si inclina dal lato del finestrino aperto: “Ehi bella, dai sali su, quanto vuoi?”

Quando ero bambina, ricordo mio padre che mi portava spesso al suo paese in campagna a trovare sua sorella; c’era una grossa casa e poi i campi e la puzza di letame e le galline e per terra era sempre sporco, a me piaceva guardare negli angoli e trovare le uova; ad un certo punto dell’anno, in inverno, si ammazzava il maiale, non dimenticherò mai quelle urla disperate e lo scalpitio e gli spruzzi di sangue, il mio cuginetto mi prendeva per mano e ci nascondevamo acquattati in un angolo della stalla sul fieno umido e profumato e da quel nascondiglio guardavamo quell’omicidio crudele, restavamo col fiato sospeso: congelati da onde corte e terribili di orrore.

Mi ricordo una mattina, me ne stavo stesa immobile sul fieno, raggomitolata nel mio nascondiglio, straziata dalle urla del maiale,