Ci incontrammo al mare, sulla spiaggia di una primavera luminosa, c’era vento ed io arrivai all’appuntamento con il mio solito anticipo, intorno, come avanguardie di un’umanità balneare, c’erano persone sdraiate sopra teli esageratamente colorati, io mi sistemai su un moscone, poco lontano dalla riva, in una posizione che mi avrebbe consentito di vederla arrivare da lontano, una sorta di strategia per rallentare, allontanare, valutare, ponderare.

La mia mente volava basso, proprio sopra al limitare della battigia, compiva giri concentrici intorno ad un’idea fissa di incertezza per quello che stavo facendo, se avessi provato a fissare qualcuno dei miei sentimenti avrei racimolato solo stupore e un senso si inizio.

 Arrivò puntuale, non so bene quale segnale emanò quella figura lontana, ma la riconobbi immediatamente: forze di gravità orizzontali spingevano la mia attenzione su di lei. Si avvicinò decisa, anche lei su un binario a traccia unica che portava dritto a me; ci guardammo e ci stringemmo la mano, un gesto formale, a voler dare una forma posticcia a qualcosa che già era straripato tra noi nei nostri dialoghi notturni.