Tornai dal chirurgo per il controllo.

“La trovo pallida e sciupata. Deve reagire. Non è detto che vada male. A volte le cose si sistemano”.

Uscii da lì con un proposito. Era ora di uscire, vedere gente, smetterla di parlare di linfonodi, antibiotici, analisi e cortisone. La mattina seguente mi misi la tuta ed uscii a fare una passeggiata. La ferita ancora faceva un po’ male, ma la ignorai. Questo divenne una sorta di rito: ogni mattina, con qualsiasi tempo, uscivo e camminavo per un’ora. “Tu sei pazza, se ti raffreddi poi si gonfiano di nuovo i linfonodi, devi stare attenta, Carla”. Questo mi veniva ripetuto quotidianamente da Luca e mia madre. Io non ascoltavo. Camminavo, camminavo. Iniziavo di nuovo a vivere. Sono passati 15 anni da allora. La cicatrice è sempre lì a ricordarmi che niente è per sempre, meno che mai la vita degli uomini. Ma mi ricorda pure che a volte le battaglie si vincono, con un po’ di fortuna. Alla faccia dei linfonodi!