Però sua mamma non c’era, e suo papà da quando era rimasto solo si limitava a trascinarsi nella vita terrena senza lasciare troppe tracce della propria esistenza.

Si trova senza ricordarsi come davanti al portone del palazzo signorile dove ha lo studio il suo avvocato. Fa per suonare ma si blocca. Guarda in alto, verso il cielo.

Ora l’azzurro domina spavaldo. Il Ponentino ha fatto il suo lavoro, portandosi via nubi e pioggia.

Si accende una sigaretta e continua a camminare, guardando ogni tanto verso il cielo.

Potrei andare al mare, mezz’ora di auto e sono lì, pensa tra sé.

Si affretta muovendosi agilmente sui sanpietrini, tanto ormai il tacco 12 è inesorabilmente da rifare. Arriva al parcheggio dove tiene la sua auto e vi entra come si trattasse di un macchinario per il teletrasporto. Vorrebbe già essere al mare, sentire la salsedine nel naso e tra i capelli.

Guida come in trance fino ad Ostia. Parcheggia e…finalmente il mare.

Il mare e il vento. Si lascia accarezzare dalla brezza.