Lavoro sodo, poche ferie, molti sacrifici. L’acquisto di un appartamento piccolissimo ma luminoso, le prime promozioni, i primi viaggi, le prime soddisfazioni.

All’inizio non pensavo ad un figlio. Probabilmente nemmeno Emma lo desiderava. Dico probabilmente perché in realtà non ne abbiamo mai parlato. Eravamo così concentrati su noi stessi che l’idea di essere completamente condizionati da un essere inerme urlante e dispotico non ci ha mai sfiorati.

Poi però sono arrivati Lorenza e Michele.

Forse avere dei figli aiuta a sopportare questo dolore sordo che mi accompagna da giorni. Forse specchiandomi nei loro occhi, mi scrollerò questo torpore e la malinconia che mi avvolge come nebbia lattiginosa nei lunghissimi inverni padani.

Forse.

L’ingegner Ronci bussa al mio ufficio. “Ci sarebbe la pratica Mussi da rivedere. A proposito, come stai?”. “Bene, grazie”. Idiota, ho appena perso mio padre, come vuoi che stia? Sto male male male male. Trascino il mio corpo che sembra pesantissimo tra i meandri del dolore.