E’ una strada tortuosa e labirintica, quella che ti porta dal dolore lancinante di un lutto alla vita “normale”. Ci sono incroci pericolosi, precedenze da dare, bivi a cui devi arrivare. Tu cammini di buona lena, cercando di fare il bravo soldatino. Avanti avanti avanti avanti avanti avanti. Senza esitazione: siamo uomini.

Tu cammini e intanto osservi la strada: è lastricata con gli episodi della tua infanzia. Le partite di pallone con i bambini dell’oratorio, le vacanze al mare con gli zii, le prime gare di scherma. Ah, guarda qui: c’è anche quando ho preso per la prima volta la macchina. Che paura che avevo! Ti avevo chiesto di accompagnarmi a fare quel giro, papà. Per me era una specie di rito di iniziazione. Come un ragazzo Masai, dovevo addentrarmi nella foresta e dimostrare ai vecchi del villaggio che ero in grado di sopravvivere alle difficoltà, che ero un uomo, degno di stare con gli altri guerrieri. La mia foresta, papà, erano i semafori, la partenza in prima senza far spegnere la macchina, il parcheggio tra la miriade di auto parcheggiate male. “Vai da solo, io ho da fare”.