Eccomi, arrivo, ora mi alzo da questa poltrona che mi ha quasi fagocitato, cammino verso il citofono e rispondo. “Carla, accidenti, mi hai fatto prendere un colpo. Ma dove cavolo eri finita? E’ da oggi pomeriggio che ti chiamo. Apri!”. Luca entrò come una furia, mi abbracciò con quelle sue braccia forti. Mi strinse a sé. Cosa è successo?

Non ricordo le parole esatte che usai per dirgli che ero malata, che i miei linfonodi si colliquavano (da allora l’ho sempre usato questo verbo!), che dovevo operarmi e poi…poi non sapevo cosa sarebbe successo.

Lui mi ascoltò impietrito. I begli occhi marroni cristallizzati. Cominciò a segnare i contorni del mio viso con le sue dita lunghe, da pianista. Le adoravo le sue dita, gliel’avevo sempre detto. Con le mani mi circondò il viso. Mi baciò e disse: “Ce la faremo!”.

Quando una persona deve affrontare una prova difficile, come quella di una malattia importante, è fondamentale l’aiuto di familiari ed amici, così stava scritto nella rivista medica nello studio del chirurgo che doveva operarmi. Decisi di andare da sola, senza Luca o mia madre.