Non volevo occhi acquosi intorno, né sguardi preoccupati. Bastava il dolore lancinante che avevo giorno e notte dentro a ricordarmi che il momento per me era delicato. Entrai nello studio. Mi spogliai. Il chirurgo guardò attentamente tutti i linfonodi sentinella, con lo sguardo serio e impegnato di un bambino che sta costruendo una fortezza coi Lego. Guardò le analisi, mi fece rivestire e sedere di fronte a lui. “Non è un sarcoma, nemmeno sarcoidosi, altrimenti avremmo delle analisi con valori diversi. Potrebbe essere una malattia rara, che noi occidentali ignoriamo…le analisi sono chiare. Dobbiamo operare, togliere i linfonodi malati e poi vediamo”: “Sì, comprendo dottore, ma se tra due mesi dovessero infiammarsi altri linfonodi, magari quelli della gola o delle braccia?”.

“Dovremmo togliere anche quelli! Il suo corpo non risponde né agli antibiotici né al cortisone, non abbiamo scelta”. “Dunque, è questa la prospettiva di vita che ho? Togliere i miei linfonodi, finché ce ne sono?”.

Abbassò lo sguardo, “Mi dispiace”. Sembra assurdo, ma era sincero.