Paola Oliva, Roma 1956. Scrittrice e poetessa da sempre, ho all’ attivo varie pubblicazioni, personali e in raccolte collettive. Operativa sin da giovane, ero in un gruppo teatrale degli anni 70, come autrice dei testi ma anche attrice (mai più fatto). Le prime pubblicazioni risalgono alla fine degli anni ’70, ma è dagli anni ’90 del secolo scorso che ho ad una presenza più assidua nei lavori di varie case editrici. Ultimi libri pubblicati: ‘Venus e dintorni’(ed. in prop.1997- poesie); ‘Tutto il possibile’ (ed.Associate 2005 – teatro); ‘Te recuerdo Pablo’ (ed.Ass. 2009- saggi); ‘Orme dal cassetto’ (ed.Ass. 2010 – poesia); ‘Il sentierto degli Elfi’ (Prog, Cultura 2013- poesie). Ultima uscita importante, in un’antologia a quattro voci, la silloge ‘Sinfonia di vita’ (coll, il ‘Parnaso’n.123 ed. Pagine 2015).
Luna d’autore
Luna, pallida luna,
luna pallida, luna fatale.
Luna di sogno, luna d’amore…
luna bersaglio d’ululato spettrale.
Luna nel cielo velata e soave,
sintattica visione.
Luna meta e missione
d’astronauti impauriti
che ti vengono a stanare.
Luna Leopardiana col suo pastore,
con Pirandello e Ciaulla
che ti vogliono scoprire.
Luna che riposa
sul senno d’Orlano
nella culla materna
col sorriso soave.
Luna, luna di sempre
e d’umana speme,
luna ovattata da sognare
luna che merita un ricordo
ed un valore,
Luna tu si,
Luna sei visione.
L’ombra del mattino
L’ombra del mattino mi cala
in un nucleo di luce,
di taglio spedita
la lama splendente trafigge
la figura per intero,
e a tratti è allietata
da lieve calore,
quello di un primissimo sole.
Fisso ora l’immagine paga
in un brodo di specchio,
e tratteggio il presente.
Il suonatore di pianola
Anche oggi, grazie alla fortuna che lo assisteva da svariati giorni, era riuscito a trovare uno spazio nella stazione della metro di Ponte Lungo. Questa, rispetto ad altre, più confusionarie e a volte al limite della sicurezza, era una fermata tranquilla sebbene abbastanza frequentata.
Subito fuori l’uscita c’erano alcune scuole, un’USL, vicino delle sezioni di partito e svariati negozi, nonché un cinema abbastanza frequentato. Questo spiegava l‘andi-rivieni di molti giovani che si riversavano lì provenendo da varie parti della città.
Generalmente riusciva abbastanza bene in quello che si proponeva: suonare, essere ascoltato e guadagnare qualche cosa dignitosamente.
Pare strano, ma suonare nell’androne di una metro, semi ascoltato da gente di passaggio è una cosa che gli da’ soddisfazione non buttava lì la musica, era ispirato e suonava con onesta passione, e sapeva di farlo anche abbastanza bene.
Ogni tanto qualcuno gli chiedeva se era diplomato alla scuola di musica oppure altri versavano qualche cosa di più nella custodia della pianola per sottolineare il gradimento e l’apprezzamento per la sua bravura.
Tutto sommato la cosa era gratificante.
In realtà non era quello il suo solo lavoro, era socio di un’associazione legata agli artisti di strada... non proprio quella, ma una similare.
Come mestiere faceva l’operaio, veramente si guadagnava da vivere come operaio in una fabbrica alla periferia di Roma
Quando aveva del tempo libero lo passava tra la strada e la sede dell’associazione dove avevano istituito varie discipline: una scuola di clown, teatro di strada, mimi e musici.
Generalmente si suddividevano le varie zone per non intralciarsi tra loro... il loro scopo non era ovviamente l’accattonaggio, non solo il guadagno ma vera e propria cultura: cultura di strada.
In realtà di questi gruppi ce ne erano diversi.
Proprio quella mattina aveva avuto una discussione piuttosto accesa con una di loro.
Non lo riteneva un hobby, era una vera e propria necessità...
Aveva studiato musica per anni, veniva dal Conservatorio suonando il violino e il pianoforte. Aveva sognato, come tanti, di diventare un famoso musicista... la vita aveva scelto altrimenti e, a prescindere dai suoi sogni in realtà non si era mai ingegnato per fare di questo il suo mestiere imboccando la via dei concertisti.
Si era limitato ad insegnare musica in una scuola privata traendone una minima soddisfazione, fino a quando aveva preso la via dei musicisti di strada in un centro sociale prima e mettendo in piedi una vera e propria associazione poi.
Mentre suonava quel giorno, si accorse con la coda dell’occhio che un tipo strano si era appoggiato al muro e lo fissava... fece finta di nulla... chissà cosa voleva, forse era un appassionato di musica, forse una di quelle persone che poi passano il loro tempo incollati addosso sommergendolo di domande... non capiva.
Per un qualche minuto continuò a suonare, poi senza capire il perché si sentì infastidito e decise di smettere.
Chiuse la pianola, raccolse gli spicci e andò via senza guardarsi intorno.
Era del tutto ignaro dei pensieri e dei sentimenti che aveva suscitato in Sauro
Eppure, in qualche modo quell’uomo lo aveva turbato... non ne capiva bene il motivo o la sensazione che aveva provato... sicuramente fastidio, un fastidio misto ad istanti di piacere... di vanità forse.
Sapeva di suonare bene, la sua anima s’introiettava all’interno dello strumento e, dall‘anima, ne tirava fuori il bello.
Per lui questo non era soltanto, o principalmente un modo di guadagnare qualche cosa in più. Era un messaggio che lanciava all’esterno... la quotidianità che può essere più bella, più poetica di quanto ce la abbiano insegnata o imposta.
Camminare per strada non pensando solo alla fretta o al fastidio che ti procura lo scontrarsi gli uni con gli altri... ma il piacere di una camminata, l’istante di un pensiero dolce e rilassato.
Insomma il divagare senza essere sempre e perennemente concentrati sulle difficoltà del vivere, accostandosi anche, un poco, al piacere di vivere.
Un’esistenza legata alla sintonia dell’universo.
Arrivò a casa, il palazzo era vecchio, uno dei tanti in quella borgata romana, salì le scale, non c’era l’ascensore, lentamente arrivò al secondo piano.
Infilò la chiave nella toppa ed aprì, dalla stanza in fondo si udiva la musica della radio e dei lievi rumori.
“Marc” chiamò,
“Marc, sei tu?”, dalla porta della stanza si affacciò un giovane ragazzo, bello e dai lineamenti delicati.
Lo guardò e la bocca si aperse in un grande sorriso,
“Sì, sono io” rispose contento.