Versato in parecchie materie, dalla filosofia alle lingue, apprese durante il suo soggiorno in Medio Oriente, prima ad Alessandria d’Egitto – dove nasce il 14 novembre 1946 – poi in Libano dove viene forgiato all’arte da una guida straordinaria, Ernesto Forti, prima di rimpatriare definitivamente in Italia nel 1969. Da alcuni anni, riuscendo a coniugare la recente passione per la fotografia con quella antica per la poesia, approda alla nuova ed avvincente forma di creatività: la fotopoesia.
A mio figlio
Allora bambino,
nella ricercata solitudine,
e talvolta tacito e intimo dolore,
a Colui che parlava al tuo cuore
non hai saputo dare altro nome
se non quello di unico Amore.
Oggi uomo,
L’hai conservato con alacrità,
nondimeno tanto gelosamente,
fino a condividerlo con la tua metà
per incarnarlo congiuntamente
in splendida ed appagabile realtà.
A mio fratello
Rimembro il suo scarnito volto,
seduto immobile attendere,
era l’unica volta che vedea
mio padre voltarsi e piangere.
«L’han chiamato Angelo», mi disse,
e dal tremito testé ho capito
che non vedremo il suo sorriso
né sentiremo il suo vagito.
Non conoscerà certo del recinto
l’ansia della clausura, dell’attesa
il silenzio e del presagio l’angoscia,
ma correrà giubilante nel prato
solo dopo aver abbracciato chi
non conoscendolo l’ha amato.
L’autunno della vita
Dagli inequivocabili segni del tempo
la vita sembra destinata a terminare,
ma la natura stravolge ogni senso
e all’improvviso eccola a rigenerare.
Da ciò che è rigido, inattivo e spento
nuovo petalo morbido, vigoroso e lesto.
Se per non finire, è possibile mutare
al mio autunno primavera diventare.
Malia
In ultima dimora di Minosse,
dove Storia con Leggenda confonde,
infine spinto da antica brama
a saper i segreti della trama.
Altro verso ispirò l’afflato
per ciò che lo aveva ammaliato:
terra imenea mai deflorata
a mirifico mar sempre abbracciata.
Al peregrin silenzio dell’umano
seguì di colori solo tripudio
mentre di suoni unico concerto.
In su lo sguardo contro il cielo
scorsi l’Artista del capolavoro
da secoli lì per darmi il dono.
Negli occhi di mia madre
Avrei voluto cancellare
quel sofferto verso
di tutta una vita custode
del tuo unico rimpianto
quando tu, madre,
già canuta e stanca,
nell’udirlo declamare
non trattenesti le lacrime
e rimanesti ferma a pensare
del tuo primo figlio
alle doglie del parto,
di lui, unico sostegno,
ai continui dispiaceri
e, tuo malgrado,
al prematuro distacco.
Ricordasti pure
la gioia dell’attesa,
tutto il suo tenero amore
racchiuso nell’abbraccio,
le continue cure
per crescerlo sano e
le preghiere gridate invano.
Ora, avendolo di fronte,
ormai fragile e indifesa,
ma umile e coraggiosa,
non proferendo parola,
chiedesti il suo perdono.
Speranza del navigante solitario
Le tumultuose onde del tempo
indotto continuamente a scavalcare,
navigando di isola in isola
niun appagamento duraturo a sostare.
Solo un’esile e discontinua Voce
l’unica rotta sicura a rappresentare,
la difficoltà a riconoscerla
e di svuotarsi dentro per ascoltare.
La fatica per seguirla fedelmente
il fragile timone della libertà a governare,
la fiducia crescente, ultimato il viaggio,
a porto di stabile Felicità nell’approdare.
Un tesoro perduto
Una mesta sera l’ombra di un pargolo
indicava un punto preciso dell’angolo.
Più dal timore colto che dall’arcano
fui dall’avvicinarmi tenuto lontano.
Al messaggero ancor lì per spiegare
dopo un intero inverno ad aspettare
dinanzi al dissotterrato oscuro scrigno
di grandi monete colmo fino al ciglio,
un tempo certamente di alto valore
ed ora divenute ormai puro carbone,
alla domanda sulla sua significazione
rispose: «Null’altro era che il dolore».
Meraviglia della vita
L’ombra della notte svanisce
per repentina luce che rifulge
e per incanto diventa reale
ogni desiderio di incontrare.
Già unite mano nella mano
in virtù di un amore arcano,
immagine di un unico giorno
che unisce l’alba al tramonto.
Nostalgia
Desiderio di una terra ormai lontana
conosciuta ancor prima per fama
“Lubnaan min ajmal bilaadi’l ard”
e raggiunta da uno sperduto giovinetto
una volta lasciato il delta e il suo deserto.
Di un’oasi paradisiaca convien parlare
percorsa da una canuta dorsale
del cui bianco latte il nome rimane,
più volte arrossato dal sangue
di innumerevoli martiri che permane.
Da torrenti vigorosi solcata,
cascati da cavernose sorgenti
al centro di ritte pareti di roccia situate,
frutti di proporzioni, colori e sapori,
nonché profumi, mai più incontrati.
Piante colossali di diritto blasonate
per aver sfidato tempo e persecuzioni;
cieli apocalittici su mari di nuvole
scrutati da cime di aura divina pervase
nel vuoto eremo di Annaya sospirate.
L’incontro
Quel giorno di marzo
sul Ponte dei Mille
un uomo attendeva
del figlio il ritorno
spinto lì dal conforto,
senza nulla sapere,
dei prodigi inattesi
dell’amore di un padre,
era mio padre.
Rivolto al mare
Nel tempo, mobile per scelta,
per avermi negato per anni
gli affetti più cari ti avevo odiato.
Dopo, immobile per fato,
per avermi restituito per sempre
quanto perduto ti ho amato.
Un Esule divino
D’amor mosso e dal cielo disceso,
sin dal grembo materno pellegrino,
in povera grotta alla luce venire
dalla sua casa costretto a partire.
Attraverso il deserto dovuto fuggire
per cruda persecuzione certo evitare.
Poca accoglienza poi aver trovato
e per dura passione al cielo ritornato.
Scossi da terrore da lontano partiti
e sin dall’inizio del viaggio tribolati,
in orrendi barconi costretti a stivare
per periglioso mar poter attraversare.
Sicura disperazione illusi di schivare,
enorme sofferenza dovuta sopportare
pur di esser a nuova vita riabilitati
e finalmente alla felicità ritornati.
Tra tanti di loro, puerpere e bambini,
al termine il fato ha trovato così vicini,
uno sconosciuto Precursore del viaggio
lì ad attenderli per l’ultimo abbraccio.